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Bogardo Buricchi

Bogardo Buricchi, partigiano e poeta pratese, poeta, diede vita a una formazione partigiana. Morì nel giugno 1944, nell’azione per far saltare un treno carico di esplosivo. A lui venne dedicata la brigata partigiana di Prato

Bogardo Buricchi nacque il 23 ottobre 1920 a Carmignano di Prato, in una famiglia religiosa anche se di modeste condizioni economiche. A tredici anni entrò in seminario a Pistoia, ma ne uscì quattro anni dopo anni senza conseguire il diploma e con una profonda avversione verso la Chiesa, anche se resterà credente. Dopo la morte della madre, grazie all’aiuto di un parroco, ottenne il diploma magistrale, divenendo istruttore in un collegio a Firenze. Di natura curiosa prese contatto con l’ambiente culturale più vivace: quello di Carmignano. Scrisse articoli, poesie e tenne diari.

Con l’entrata in guerra dell’Italia maturò una forte avversione al fascismo; dopo l’8 settembre 1943 si diede alla macchia, organizzando una squadra d’azione patriottica (SAP), di cui fece parte anche il fratello, e iniziò a compiere sabotaggi alle comunicazioni. Non abbracciò mai nessuna ideologia politica, rimanendo un indipendente, pur se affascinato dal marxismo. A metà febbraio 1944 organizzò lo sciopero dei contadini carmignanesi, facendone affluire in piazza circa trecento per protestare contro la disposizione che aumentava la quota di grano che ogni famiglia doveva conferire all’ammasso.

Dopo la fuga del Podestà le autorità fiorentine inviarono la famigerata Banda Carità per far rispettare la disposizione e la squadra di Buricchi, per evitare ritorsioni, il 2 marzo incendiò e distrusse con l’esplosivo l’ufficio comunale degli accertamenti agricoli. Intanto collaborò alla realizzazione e alla diffusione di volantini per lo sciopero del 4 marzo contro il regime, a cui seguì la repressione delle autorità con l’arresto e la deportazione in Germania di 133 uomini. La notte del 30 aprile, la squadra issò la bandiera rossa sulla torre dal Campano di Carmignano che sventolò per tutto il 1° maggio. L’11 giugno 1944, un treno carico di esplosivi dello stabilimento Nobel del paese, era fermo su un binario morto della stazione a Poggio alla Malva. Senza aver avuto il benestare per l’azione: il commissario partigiano di zona era assente, Bogardo decise comunque di agire. La notte del 10-11 giugno i sappisti collocarono una bomba a tempo su un vagone, ma questa esplose prima del tempo.

Morirono alcuni partigiani, tra cui Bogardo. L’esplosione scoperchiò alcuni tetti della località e venne sentita fino a Prato, Firenze e Pistoia. Dopo la sua morte, la più importante brigata partigiana pratese venne a lui intitolata, anche se la medaglia d’argento gli venne conferita solo nel 1972.

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