Eugenio Curiel nacque nel 1912 a Trieste. Proveniente da una ricca famiglia ebraica, si distinse fin da giovane nello studio.
Nel 1929 si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria di Firenze e si trasferì nel capoluogo toscano, dove era ospite dello zio Ludovico Limentani, filosofo antifascista. Nel 1931 passò al Politecnico di Milano e poi alla Facoltà di Fisica, conseguendo intanto il diploma di maestro. Tornò poi a Firenze, seguendo il suo relatore di tesi anche a Padova.
Si laureò nel 1933 divenendo subito assistente universitario e collaboratore de Il Bò, giornale universitario legato all’Università di Padova. Intanto, dopo una assidua lettura di Croce e l’incontro con Atto Braun, si era avvicinato al marxismo ed era entrato in contatto con il Pci clandestino.
Nel 1938 venne esonerato dal servizio a causa delle leggi razziali. Si spostò tra Svizzera e Francia, stringendo contatti con la Resistenza socialista, ma nel 1939 fu arrestato dall’Ovra a Trieste. Dopo un passaggio a San Vittore venne condannato al confino a Ventotene, dove arrivò nel gennaio 1940. Qui riprese contatti con i comunisti, svolgendo anche lezioni per i confinati.
Tornato in libertà pochi giorni prima dell’armistizio, rientrò in Veneto e di qui si portò a Milano, dove entrò a far parte della direzione settentrionale del partito, della direzione de “L’Unità” clandestina e del comando generale delle Brigate Garibaldi.
Ideò, fondò e condusse il Fronte della Gioventù per l’indipendenza e per la libertà, la nuova organizzazione giovanile interpartitica promossa dal Pci.
Il 24 febbraio 1945, sorpreso in piazza Baracca da una pattuglia fascista, tentò di scappare e fu ucciso con una raffica di mitra.
I suoi scritti sulla “democrazia progressiva”, raccolti postumi, rappresentano un contributo teorico essenziale all’antifascismo e un luminoso esempio di impegno civile